Medjugorje: Incontro dell’Arcivescovo S.E. Mons. Henryk Hoser,

Inviato Speciale della Santa Sede per Medjugorje, con i giornalisti. Medjugorje, 5 aprile 2017

(Prima parte)

«Signore e Signori, buongiorno.

All’inizio devo dare qualche spiegazione e qualche giustificazione. Il quadro della mia missione è stato definito dalla Santa Sede: si tratta, come abbiamo appena sentito, di esaminare lo stato della pastorale dei pellegrini a Medjugorje. Questa è la mia prima visita a Medjugorje: sono arrivato senza conoscere la situazione sul posto, ma sapendo al contempo che si trattava di un luogo di pellegrinaggio a livello internazionale. Mi servo della lingua francese, perché essa è stata per molto tempo, e rimane ancora, una lingua diplomatica.

Senza dubbio voi attendete di sapere da me le mie impressioni, le mie conclusioni. La prima cosa che vorrei sottolineare è il fatto essenziale che, in passato, Medjugorje non era conosciuta nel mondo. Era una piccola località sperduta da qualche parte tra le montagne, come il nome stesso — Medjugorje — indica. Ora Medjugorje è conosciuta nel mondo intero, e bisogna anche sapere che vi si recano pellegrini provenienti da ottanta paesi del mondo. Dal punto di vista dell’importanza di questo luogo di pellegrinaggio, esso può essere paragonato ad altri posti. Ad esempio, se a Medjugorje vengono due milioni e mezzo di pellegrini all’anno, a Lourdes ne vanno sei milioni, ma Lourdes esiste da più di centocinquanta anni. Medjugorje ha solo trentasei anni d’anzianità. E’ tempo di fare un primo bilancio, una prima valutazione, che è molto importante per lo sviluppo futuro di questo luogo.

Allora, perché tanta gente viene qui? Da un lato, chi viene ha senza dubbio sentito parlare di quelle che vengono chiamate “le apparizioni di Medjugorje”, che hanno avuto luogo per la prima volta nel 1981. D’altra parte, coloro che vengono qui scoprono qualcosa di eccezionale. La prima cosa è l’ambiente, l’atmosfera, che è di pace e pacificazione, come pure di pace interiore, di pacificazione del cuore. Essi scoprono pure un grande spazio di spiritualità profonda. Riscoprono, o scoprono per la prima volta nella loro vita, cosa sia il senso del sacro. A Medjugorje essi incontrano sia tempi sacri che spazi sacri. “Sacro” significa riservato in modo particolare alla divinità.

Comunemente si dice che Medjugorje è un luogo di culto mariano, ed è vero. Ma, se andiamo in profondità, vediamo che a Medjugorje il culto è essenzialmente cristocentrico, perché ha al centro la celebrazione dell’Eucaristia, la trasmissione della Parola di Dio e l’adorazione del Santissimo Sacramento, durante la quale si scopre che esso è la presenza reale di Gesù Cristo, nella sua divinità ed umanità. Alcuni scoprono la recita del Rosario, che in fondo è una preghiera di meditazione sui misteri della nostra fede. Infine, facendo la Via Crucis, essi entrano nel mistero pasquale, ossia nel mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo. Termino questo panorama con un accento più marcato riguardo al Sacramento del Perdono, la Confessione personale e personalizzata.

Dal punto di vista religioso, Medjugorje è un terreno molto fertile. In questi anni sono state enumerate seicentodieci vocazioni religiose e sacerdotali d’ispirazione medjugorjana: le più numerose sono in Italia, negli Stati Uniti ed in Germania. Tenendo presente l’attuale crisi di vocazioni, soprattutto in paesi di antica cristianità come l’Europa occidentale, questo fatto ci pare qualcosa di nuovo e, a volte, sconvolgente.

Considerando il numero di Comunioni distribuite — perché è quella l’unica possibilità di contare i pellegrini, anche se naturalmente con un certo margine d’errore — possiamo dire che, negli anni passati, dal 1986 al 2016, sono stati distribuiti trentasette milioni di Comunioni. Il numero di pellegrini è però più grande, perché non tutti accedono alla Comunione.

Nella valutazione della situazione di Medjugorje, vanno distinti tre ambiti.

Il primo ambito è la parrocchia, che esiste da molto tempo. Essa serve i parrocchiani che sono qui, che abitano qui sul posto ed il cui numero, nei dieci anni passati, è aumentato di un migliaio di unità o forse anche di più. Questa parrocchia — che ha la sua storia e che, negli anni trenta del secolo scorso, ha costruito la croce che sovrasta Medjugorje — è stata il terreno in cui è stato accolto l’odierno fenomeno di Medjugorje. In questa storia parrocchiale s’iscrive anche quella particolare e personale di quelli che vengono chiamati “veggenti”.

Un secondo circolo, un secondo ambito, sono i pellegrini, che, come ho appena detto, arrivano anche alla cifra di 2.500.000 all’anno. Questo numero tende ad aumentare, e questa è evidentemente una sfida enorme per i pastori che servono questo luogo. Tale fenomeno ha inoltre causato il potenziamento delle attuali strutture, che devono chiaramente rispondere alle necessità dei pellegrini: esse comprendono questa sala, la Cappella dell’Adorazione e lo spazio per la celebrazione di Messe all’aperto. Si tratta, dunque, di alcuni elementi che sono giustamente stati aggiunti in considerazione dell’arrivo dei pellegrini. D’altra parte, abbiamo anche visto lo sviluppo della cittadina: ci sono sempre più alberghi, ristoranti, esercizi commerciali, cosa che mi fa già pensare ad una piccola Lourdes. Non è risaputo il fatto che Lourdes è la seconda città per numero di alberghi in Francia dopo Parigi. Potrebbe essere questo anche il futuro di Medjugorje in rapporto a Sarajevo. Dunque, la popolazione aumenta, e quindi aumenta pure la capacità di accoglienza dei pellegrini.

Abbiamo però anche un terzo ambito: a Medjugorje si sono insediate delle comunità, delle associazioni, delle opere sociali e caritative che vengono sommariamente stimate in una trentina. Ve ne sono alcune che si sono stabilite qui perché ispirate a Medjugorje o perché hanno qui le proprie radici, ma ve ne sono anche altre che sono venute da altri paesi: che sono cioè state create altrove, ma poi si sono stabilite qui per vivere questa atmosfera e questo fenomeno di Medjugorje.

Qui evidentemente vi sono anche delle creazioni originali, e vorrei menzionare soprattutto l’opera caritativa creata dai padri francescani: il “Villaggio della Madre”. Vale la pena di visitarlo, se vi interessa, perché è costruito con l’idea di accompagnare le vite delle persone, e in special modo quelle difficoltose, in tutti i loro stadi: gli orfani, i giovani, in difficoltà, le persone dipendenti dalla droga, dall’alcool o da altri condizionamenti dello stesso tipo, i disabili. Anche questa è un’espressione di quella carità attiva intimamente legata alla fede cristiana. Ma vi è anche un’altra opera molto importante, anch’essa creata dai padri francescani, chiamata “Domus Pacis”, ossia una casa per ritiri in silenzio. Si stima che già vi siano passati 1.200 gruppi, per un totale di più di 42.000 partecipanti. Questo genere di ritiri e di seminari trasforma le persone dall’interno.

Anche i seminari sono un’altra invenzione pastorale della parrocchia di Medjugorje. Sono annuali, ossia vengono tenuti una volta l’anno. Da ventitré anni esiste già un seminario aperto a tutti; da ventuno anni vi è un seminario destinato unicamente ai sacerdoti ed alla loro formazione; da diciassette anni ci sono seminari riservati alle coppie, e da quattro è iniziato un nuovo tipo di seminario, rivolto a medici e paramedici. L’anno scorso è stato inoltre organizzato, per la prima volta, un seminario a favore della vita umana. Ce n’è, infine, anche uno per disabili. Questo panorama mostra l’intensità della vita cristiana qui a Medjugorje, che rappresenta in certo modo un modello che potrebbe essere seguito anche altrove.

L’offerta dei Santuari nel mondo di oggi è di tale portata che Papa Francesco ha trasferito la problematica dei Santuari dalla Congregazione per il Clero alla Congregazione per la Nuova Evangelizzazione. La gente qui riceve ciò che non ha nel luogo in cui vive. In molti dei nostri paesi di antica cristianità la Confessione individuale non esiste più. In molti paesi non c’è l’Adorazione del Santissimo Sacramento. In molti paesi non si conosce più la Via Crucis ed il Rosario non viene recitato. Nella Bretagna francese, una volta mi è stato detto che l’ultima Via Crucis era stata pregata trenta anni prima. Un tale inaridimento dell’ambito spirituale e del sacro porta, evidentemente, a una crisi di fede generalizzata.

Qui la gente arriva alla sorgente, sazia la sua sete del sacro: la sua sete di Dio, di preghiera, che viene riscoperta come contatto diretto con Dio. Direi che la gente qui sente la presenza del divino anche per mezzo della Santa Vergine Maria.

A Medjugorje viene accentuato il titolo mariano di “Regina della pace”. Direi che questa non è una novità, perché nel mondo intero vi sono chiese dedicate alla Regina della pace. Se però noi guardiamo il contesto mondiale della nostra vita di oggi, vediamo ciò che Papa Francesco definisce “la terza guerra mondiale a pezzi”, ossia in frammenti e sotto le forme più crudeli e che causano più ferite, ovvero le guerre civili. Voi, che abitate nei Balcani, avete vissuto una guerra civile non molto tempo fa. Io ho vissuto il genocidio in Ruanda. Tutto quello che ora vedete accadere in Siria, nel Vicino Oriente, è la distruzione dei paesi di più antica cristianità, anche facendo ricorso alle armi chimiche: questo è il paesaggio che vediamo oggi dinanzi a noi. Quanti conflitti politici in ciascun paese! Dunque, il ricorso a nostra Signora della Pace è, a mio avviso, essenziale. Qui il ruolo specifico di Medjugorje è estremamente importante.

Voi, cari amici, dovreste essere i portatori della Buona Novella: dite al mondo che a Medjugorje si ritrova la luce. Perché abbiamo bisogno di punti di forte luce, in un mondo che sta cadendo nell’oscurità. Io vi suggerisco, inoltre, di iscrivervi ai seminari che si svolgono qui, non so a quale, per scoprire quello che ancora non conoscete. Grazie!»

 

Domande e risposte

Danuta Liese, Polonia: «Sarebbe possibile che un sacerdote della Polonia venisse posto stabilmente a servizio dei pellegrini in questa parrocchia? Intendo non solo temporaneamente, come ospite, ma in modo permanente?».

«Penso spetti al Provinciale concordare con le Province polacche l’invio di un sacerdote fisso, come già ve ne sono altri qui».

Sanja Pehar, Radio MIR Medjugorje: «Eccellenza, per l’esperienza che ha avuto in questi giorni, dove vede Medjugorje all’interno della nuova evangelizzazione, che sappiamo la Chiesa sottolinea oggi così fortemente?».

«Io credo che Medjugorje già si trovi nella linea della nuova evangelizzazione, lo provano le cifre che ho appena citato. La dinamica crescente della presenza dei pellegrini qui sta a significare che anche le loro necessità sono in aumento».

Ivica Đuzel, HRT: «Ho trovato in rete un dato secondo cui lei avrebbe già parlato con i veggenti. Che impressione le hanno lasciato?».

«E’ vero che un contatto con i “veggenti” era iscritto nella mia missione, ma non un incontro molto approfondito, poiché questa è materia di competenza della Commissione dottrinale presieduta dal Card. Ruini. I “veggenti” sono andati in Vaticano appunto per presentare la loro storia, queste esperienze, eccetera. Con i “veggenti” che ho visto, ho avuto l’impressione di un contatto normale, molto diretto. Non dobbiamo dimenticare che non sono più ragazzi e ragazze: alcune di loro sono già nonne! Per approcciarsi al loro ruolo, bisogna anche tener presente che sono immersi in una normale vita familiare e professionale. Devono provvedere alla vita dei loro figli, e sono quindi vicini alle preoccupazioni di tutti noi. Alcuni sono malati, altri cercano di provvedere alla loro vita, eccetera. Hanno quindi, direi, una vita normale e, stando a ciò che dicono, hanno avuto il privilegio di queste “apparizioni”, che hanno interiorizzato. Non è mio compito pronunciarmi sulla veridicità o non veridicità delle “apparizioni”. La Chiesa non si è ancora pronunciata.

Ivan Ugrin, Slobodna Dalmacija: «Arcivescovo Hoser, penso che il fatto che lei oggi sia qui con noi sia per noi tutti un grande onore. Una volta, in un messaggio, la Madonna ha detto di essere venuta qui per continuare l’opera iniziata a Fatima…».

«Lei può leggere la storia delle apparizioni riconosciute in successione. Potrei citare, ad esempio, quelle di La Salette, avvenute a metà del XVII secolo, o quelle a Rue du Bac; quelle di Lourdes, di Fatima, di Banneux in Belgio, nell’anno della ascesa al potere di Hitler. O anche quelle di Guadalupe nell’America del Sud, in occasione della colonizzazione degli Indiani d’America. Tutte queste apparizioni hanno un denominatore comune, ossia il fatto che la Santa Vergine invita alla conversione, ad abbandonare la vita di peccato. In esse ella mostra anche le sfide di ogni epoca. Vorrei terminare questa risposta citando le apparizioni di Kibeho. Ho vissuto io stesso ventuno anni in Ruanda ed ho partecipato alla Commissione medica sulle apparizioni, cominciate un anno dopo rispetto a quelle di Medjugorje. Là la Santa Vergine aveva già mostrato lo spettro del genocidio, che si sarebbe poi verificato dodici anni dopo. Anche quello era un avvertimento. Il messaggio è simile a quello che viene riferito qui a Medjugorje: un invito alla conversione, alla pace. Le apparizioni di Kibeho sono state riconosciute dalla Chiesa. Io direi perciò che si tratta di due località “sorelle”, sia per contesto storico che per vicinanza temporale, visto che tra le due vi è soltanto un anno di differenza. All’inizio, anche là ci sono stati evidentemente molti dubbi sulla veridicità dei veggenti e sul fatto che potessero anche inventare delle storie: alcuni di loro sono stati poi esclusi dal numero dei veggenti riconosciuti. Perciò vi invito alla pazienza, perché chiaramente più il problema è complesso, più necessita di tempo per giungere a conclusioni davvero valide».

Paolo Brosio, Mediaset Mondadori: «Mons. Hoser, io la ringrazio per quello che lei ha detto per questo luogo, che mi ha ridato la vita. Quando ho visto la sua foto sul Podbrdo, sotto la statua della Madonna, sono scoppiato a piangere dalla gioia. Ho cercato di divulgare questo in tutta Italia e, dalle prime sue interviste, ho capito cosa pensava di questo luogo benedetto. Le chiedo: da indiscrezioni trapelate in Italia, si sa che il Card. Ruini, dopo tre anni e mezzo, avrebbe terminato la Commissione Internazionale d’Inchiesta stabilendo la veridicità dei primi anni di queste apparizioni a Medjugorje. Io le chiedo: cosa pensa lei di queste conclusioni e, se lei ha letto il Dossier della Commissione Internazionale d’Inchiesta, cosa ne pensa?».

«Purtroppo io non ho letto il materiale di detta Commissione, perché non è stato pubblicato. Può essere che, dopo il mio ritorno in Vaticano, io possa avervi accesso o almeno parlare col Card. Ruini ma, per adesso, non posso dire nulla. La mia missione non consiste soltanto nell’interrogare le persone che lavorano qui, che sono responsabili o meno della situazione, ma anche nel visitare i luoghi di pellegrinaggio. Ed è precisamente questo il motivo per cui ho affrontato il non semplice cammino che porta alla statua della Santa Vergine. Si tratta di un luogo che merita la presenza di tutti, per il fatto stesso che là vi sia una statua della Santa Vergine. Lassù ho incontrato un gruppo di pellegrini polacchi ed ho rivolto loro qualche parola sul culto mariano. La stampa però poi ha cominciato subito a dire che io avevo condotto lassù un gruppo di pellegrini: non è vero».

Darko Pavičić, Večernji list: «Reverendissimo Arcivescovo, ogni volta che lei ha parlato degli eventi di Medjugorje ha fatto riferimento ad “apparizioni” e non a “presunte apparizioni”. Lei crede che qui si tratti davvero di apparizioni? Di cosa ha parlato con Ratko Perić, il Vescovo di Mostar, che non ci crede e le contesta? Grazie molte».

«Evidentemente io sospendo il mio giudizio, perché non conosco tutti i dettagli e non conosco il gigantesco lavoro fatto dalla Commissione Ruini. Se parlo di “apparizioni”, lo faccio per il semplice motivo che qui si utilizza questa espressione. Io lo dico “tra virgolette” solo che, mentre parlo, le virgolette non si possono vedere. Attendo come voi il verdetto finale di detta Commissione, e soprattutto quello del Papa, che si pronuncerà».

Ivan Pavković, Al Jazeera: «Cosa pensa davvero il Papa su Medjugorje: sulle apparizioni e su questi frutti di cui lei parla?».

«Come si dice, è una bella domanda! Io però evidentemente non so cosa ne pensi il Papa, lui non me l’ha mai detto. Dunque anche qui bisogna attendere, perché evidentemente il Papa prende in considerazione tutto il materiale riguardante le ricerche ed il lavoro svolto. Io credo, però, che anche il fatto che Medjugorje sia un luogo così importante nella prospettiva della nuova evangelizzazione avrà in qualche modo il suo peso nel giudizio finale. Non ho detto nel giudizio “ultimo”, ma “finale”».

Ines Grbić, Laudato TV: «In una dichiarazione da lei fatta nell’imminenza del suo arrivo a Medjugorje, ha detto che qui dovrà svolgere la sua missione in condizioni del tutto diverse ed in modo differente. Mi interesserebbe sapere quali siano queste “condizioni” e quale sia questo “modo”, che sono differenti dal lavoro da lei svolto finora. Lei ha anche detto che queste “apparizioni mariane” sono significativamente differenti dalle precedenti. Cos’è che in esse è specificatamente diverso?».

«Lei avrà certamente notato, Signora, la specificità di queste “apparizioni”, che direi hanno un nuovo formato rispetto a quelle del passato. Anzitutto la durata di quelle che vengono chiamale le “apparizioni di Medjugorje”, che già stanno per superare i trentasei anni. I “veggenti” di Medjugorje, per usare un’espressione che cantiamo nel Prefazio della Messa, sono “Sine fine dicentes…”, anche se è vero che, nell’agiografia di certi santi, è presente questo fenomeno, per cui essi hanno avuto apparizioni per tutta la vita. Una seconda specificità è il numero delle apparizioni: c’è chi ha contato circa quarantasettemila apparizioni individuali. Tenendo presente il fatto che ci sono sei veggenti che hanno frequenti apparizioni personali da trentasei anni, forse un tale numero potrebbe essere anche attendibile, non so. Inoltre, si tratta di “apparizioni” non legate al luogo. A Lourdes la Madonna appariva sempre nella grotta, a Fatima sopra un albero. Ma qui, stando ai veggenti, “l’apparizione” segue la persona, per cui ne hanno in casa, in viaggio, o in chiesa, eccetera. Queste sono specificità che fanno difficoltà in rapporto alla pronuncia di un giudizio»

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