A Medjugorje c’era andato con la ragazza
Padre Maurizio De Santis (Padre Nike): Amava la danza ha scelto il convento
Molte sono le persone che giunte in pellegrinaggio a Medjugorje sono state toccate dalla Grazia. Particolarmente significativa la storia di Padre Maurizio, passionista:
storia di un ragazzo che amava la danza e che ha scelto il convento, grazie alla Madonna di Medjugorje e a S. Gabriele. Le emittenti televisive se lo contendono, i giovani lo amano: tutti per sentirlo parlare di Dio.
Adesso il sogno è quello di realizzare un musical su San Gabriele dell’Addolorata, il Santo dei giovani che con la Madonna di Medjugorje si divide il merito di averlo strappato alle seducenti luci della ribalta e di averlo conquistato ai ceri dell’altare.
Stiamo parlando del passionista Padre Nike, “Skizzo” per gli amici, che nel gergo giovanile “Skizzo” sta per “innamorato pazzo”. Innamorato pazzo di Dio, naturalmente.
Quel Dio che senza
sosta va proponendo ai giovani a passi di danza o al ritmo coinvolgente del “Rap”. P.Maurizio De Santis, trentadue anni, dieci di professione religiosa a settembre.
A Medjugorje c’era andato non da pellegrino, ma da innamorato. Di una ragazza che invece andava nei luoghi delle apparizioni da pellegrina e che gli disse “vieni anche tu”, senza minimamente immaginare che avrebbe perso il fidanzato.
Perché lì il diciottenne Maurizio, come per incanto, sentì affievolirsi l’amore per la bella fanciulla, mano a mano che gli cresceva dentro, a dismisura, l’amore per Dio.
“In quel luogo ricorda oggi quasi trasognato accadde qualcosa di sconvolgente da cambiare radicalmente la mia vita. Quel Dio che prima avvertivo lontano e insignificante, improvvisamente diventava “vicino” e dava senso
a tutta la mia vita.
Tutto ciò cui avevo mirato fino al quel momento perse di significato. La danza, il successo, la carriera, la ragazza: tutto mi lasciava indifferente.
Ero sconvolto interiormente. Quasi una malattia.
Tanto che gli amici che mi stavano attorno non facevano che domandarmi se stessi bene in salute. In realtà io stavo benissimo. Avevo incontrato Dio”.
D:Raccontaci della tua infanzia.
R. La mia infanzia? Come quella di tanti ragazzi come me. Nel mio paese, a Serramonacesca in provincia di Pescara, mi conoscevano tutti per la mia vivacità.
Ero davvero, come si dice oggi, un ragazzo fuori le righe. Un pensiero per i miei genitori, ma anche per i miei insegnanti. Mi piaceva poco studiare, stavo a mio agio solo nei momenti di ricreazione.
D. E la danza?
R. La passione esplose dopo le scuole medie. Non so come, ma avevo già deciso che sarebbe stata quella la mia occupazione, anche se mio padre diceva che era roba da donne e le scuole erano poche e costose.
Ci pensò però mia sorella Luciana, ballerina in Belgio, a convincere i miei genitori, anche se mi dovetti accontentare di una scuola pescarese, poiché a Milano era lontana.
D. Milano, la Scala…Medjugorje?
R. Successe semplicemente che, pur avendo scoperto Dio, non avevo nessuna voglia di seguirlo. Ero in crisi profonda. Da una parte il mio sogno, dall’altra Dio. Mi buttai a capofitto nel sogno.
Feci l’esame di ammissione alla Scala di Milano e fui ammesso. Ma non ritrovai la pace. Finché il mio parroco non mi invitò ad un pellegrinaggio giovanile al Santuario si San Gabriele, a Isola del Gran Sasso (Teramo).
Ci andai di malavoglia e qui accadde l’incredibile. Ancora oggi non trovo parole per descrivere quello che provai. Avevo davanti un Santo, che come me aveva amato la danza: un giovane brillante, elegante,sportivo, un giovane amante della vita. Ma aveva rinunciato a tutto per seguire la voce di Dio.
Se non lo avesse fatto non credo sarebbe diventato quel che è: un protagonista. Mi dissi che se c’era riuscito Gabriele, avrei potuto riuscirci anch’io.
D. Da quel momento, nella tua vita?
R. Niente affatto. Mio padre andò su tutte le furie. Insinuò che i frati mi avevano fatto il lavaggio nel cervello. Avevo 19 anni e potevo farlo. Scappai di casa ed entrai in noviziato.
D.E la danza?
R. Ci avevo rinunciato come al resto, ma dentro di me avvertivo il peso,sapevo che la danza era inconciliabile con la vita religiosa.
Qualche frate, compreso il padre spirituale, non mancava occasione per ricordarmelo. Ma io continuavo a chiedermi perché mai il desiderio di danzare insistesse se l’inconciliabilità era autentica.
Finché il Superiore provinciale non mi concesse di vivere per alcuni mesi in una comunità che ha come carisma l’evangelizzazione tramite lo spettacolo. In quei mesi mi servii della danza per annunciare il Vangelo.
Adesso su incarico del Superiore mi occupo della pastorale giovanile vocazionale presso il Santuario di S. Gabriele. Aiuto i giovani a scoprire il progetto di Dio in loro e ripeto che la vocazione consiste nel dare il massimo di sé perché la vita sia spesa nel modo migliore.
Ai giovani che intravedono in sè la vocazione sacerdotale,aggiungo poi che Dio non ha bisogno di preti mestieranti, ma di preti innamorati, capaci di testimoniare l’amore con gioia, grinta,entusiasmo.