Maria Valtorta – Gesù parla – 22 febbraio 1944
MARIA VALTORTA
opere maggiori
VOLUME X CAPITOLO 63
Addio alla Madre prima di ascendere al Padre. Tutto noi abbiamo per Maria.
22 febbraio 1944.
637.1 Vedo sempre la stanza abitata da Maria. I segni della Passione sono scomparsi.
La Vergine è seduta e legge. Devono essere libri sacri, perché non legge certo altro in quel rotolo che ha per le mani. Non è più torturata. Il suo viso è rimasto più grave di avanti la Passione, più maturo. Ma non è più quel tragico viso. Ora è maestoso ma sereno.
Sembra mattina, perché vi è già un bel sole che dall’aperta finestra entra nella quieta stanza, ma si vede che il giardino, chiuso da alte mura, su cui si apre la finestra, è ancora tutto fresco di rugiada.
637.2 Entra Gesù. Ha ancora la sua splendida veste del mattino della Risurrezione. Il suo Volto emana fulgore e le sue Ferite sono piccoli soli.
Maria si inginocchia sorridendo e poi si alza e lo bacia sulla Mano destra. Gesù la stringe al Cuore e la bacia in fronte, sorridendo, e le chiede un bacio che Maria dà pure sulla Fronte.
«Mamma. Il mio tempo di sosta sulla Terra è finito. Ascendo al Padre. Sono venuto a darti un particolare addio ed a mostrarmi a te ancora una volta così come sarò in Cielo. Non ho potuto mostrarmi agli uomini con questa veste di splendore. Non avrebbero potuto sopportare la bellezza del mio Corpo glorificato. Essa è troppo superiore alle loro possibilità. Ma a te, Mamma, sì. E vengo a letificarti ancora una volta con essa.
Bacia le mie Ferite. Che Io senta in Cielo il profumo delle tue labbra e che a te rimanga su esse la dolcezza del mio Sangue.
637.3 Ma sta’ sicura, Mamma, che Io non ti lascerò mai. Uscirò dal tuo cuore quei pochi istanti necessari alla consacrazione del Pane e del Vino per tornarvi poi, dopo essermi staccato da te a fatica, con un’ansia d’amore pari alla tua, o mio Cielo vivo di cui Io sono il Cielo.
Non saremo mai tanto uniti come d’ora in poi. Prima c’era la mia incapacità embrionale, poi la mia puerizia, e poi la lotta della vita e del lavoro, e poi la missione, e poi la Croce e il Sepolcro a tenermi lontano e impedito a dirti quanto Io ti amo. Ma ora sarò in te non più creatura che si forma, non più presso a te fra gli ostacoli del mondo che interdice la fusione di due che si amano. Ora sarò in te come Dio, e nulla, nulla nella Terra e nel Cielo sarà atto a separare Me da te, tu da Me, Madre santa. Ti dirò parole di ineffabile amore, ti darò carezze di inesprimibile dolcezza. E tu mi amerai per chi non mi ama.
Oh! Tu colmi la misura dell’amore, che il mondo non darà al Cristo, col tuo amore perfetto, Mamma. Perciò, più che un addio, il mio è il saluto di chi esce per un momento, come andassi a coglier rose e gigli in questo giardino fiorito. Ma ti porterò dal Cielo altre rose ed altri gigli più belli di questi qui fioriti. Te ne empirò il cuore, Mamma, per farti dimenticare il puzzo della Terra, che non vuole essere santa, e anticiparti l’aura del beato Paradiso, dove sei attesa da tanto amore.
E l’Amore, che non sa attendere, verrà su te fra dieci giorni. Fàtti bella della tua più bella letizia, o Madre Vergine, ché il tuo Sposo viene. L’inverno è passato… le vigne in fiore mandano il loro profumo, ed Egli canta[121]: “Sorgi, o tutta bella. Vieni, o mia Sposa, sarai coronata”. Del suo Fuoco ti coronerà, o Santa, e ti farà felice del suo Spirito, che si infonderà in te con tutti i suoi splendori, o Regina della Sapienza, sua Regina, che hai saputo comprenderlo sin dal mattino della tua vita ed amarlo come creatura al mondo mai amò.
637.4 Madre. Io salgo al Padre nostro. Su te, Benedetta, la benedizione del tuo Figlio».
Maria raggia nell’estasi, nella stanza che rimane luminosa della luce di Cristo.
637.5 Dice Gesù:
«Non discutete, o uomini, se era o non era possibile che Io mutassi veste. Non ero più l’Uomo legato alle necessità dell’uomo. Avevo l’Universo di sgabello ai miei piedi e tutte le potenze come serve ubbidienti. E se, mentre ero l’Evangelizzatore, avevo potuto trasfigurarmi sul Tabor, non avrò potuto, divenuto il Cristo glorioso, trasfigurarmi per la Madre mia? Anzi, no: cambiarmi per gli uomini ed apparire ad Essa così come ero ormai: divino, glorioso, trasfigurato, da Uomo quale mi mostravo a tutti, in Quello che ero in realtà. Mi aveva pur visto, povera Madre, trasfigurato dai patimenti. Era giusto mi vedesse trasfigurato dalla Gloria.
637.6 Non discutete se Io potevo essere realmente in Maria. Se voi dite che Dio è in Cielo e in Terra e in ogni luogo, perché potete dubitare che Io potessi essere contemporaneamente in Cielo e nel Cuore di Maria, che era un vivo Cielo? Se voi credete che Io sia nel Sacramento e chiuso nei vostri cibori, perché potete dubitare che Io fossi in questo purissimo e ardentissimo Ciborio che era il Cuore di mia Madre?
Che cosa è l’Eucarestia? È il mio Corpo e il mio Sangue uniti alla mia Anima e alla mia Divinità. Ebbene, quando Ella si incinse di Me, che aveva nel seno di diverso? Non aveva il Figlio di Dio, il Verbo del Padre col suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità? Voi non mi avete forse perché Maria mi ha avuto e mi ha dato a voi dopo avermi portato per nove mesi? Ebbene, come Io ho lasciato il Cielo per dimorare nel seno di Maria, così, ora che lasciavo la Terra, eleggevo il seno di Maria per mio Ciborio. E quale ciborio, in quale cattedrale, più bello e santo di questo?
La Comunione è un miracolo di amore che Io ho fatto per voi, uomini. Ma, in cima al mio pensiero d’amore, raggiava il pensiero di infinito amore di poter vivere con mia Madre e di farla vivere con Me sinché non fossimo riuniti in Cielo.
637.7 Il primo miracolo lo feci per la gioia di Maria, a Cana di Galilea. L’ultimo miracolo, anzi gli ultimi miracoli, per il conforto di Maria, a Gerusalemme. L’Eucarestia e il velo della Veronica. Questo, per dare una stilla di miele all’amaritudine della Desolata. Quello, per non farle sentire che non c’era più Gesù sulla Terra.
Tutto, tutto, tutto, ma capitelo una volta, voi avete per Maria! Dovreste amarla e benedirla ad ogni vostro respiro.
Il velo della Veronica è anche un pungolo alla vostra anima scettica. Confrontate, voi che procedete per aridi esami, o razionalisti, o tiepidi, o vacillanti nella fede, il Volto del Sudario e quello della Sindone. L’uno è il Volto d’un vivo, l’altro quello d’un morto. Ma lunghezza, larghezza, caratteri somatici, forma, caratteristiche, sono uguali. Sovrapponete le immagini. Vedrete che corrispondono. Sono Io. Io che ho voluto ricordarvi come ero e come ero divenuto per amore di voi. Se non foste dei perduti, dei ciechi, dovrebbero bastare quei due Volti a portarvi all’amore, al pentimento, a Dio.
Il Figlio di Dio vi lascia benedicendovi col Padre e collo Spirito Santo».
Maria Valtorta – Gesù parla – 22 febbraio 1944