Ero una terzomondista pronta a promuovere ogni tipo di diritto che potesse rendere la società più equa e giusta, secondo le idee promosse dalle avanguardie culturali.
Ero anticlericale: parlare di Chiesa significava scandali, pedofilia, ricchezze smodate, preti il cui interesse era coltivare qualche vizio.
Riguardo all’esistenza di Dio, lo consideravo un passatempo per vecchiette in pensione.
Nelle relazioni, scoprivo uomini profondamente in crisi con la propria mascolinità, intimoriti dall’aggressività della donna e incapaci di gestire e prendere decisioni.
Conoscevo donne stanche (tra cui me stessa) di condurre relazioni con uomini simili a bambini impauriti e immaturi. Provavo sempre più sfiducia verso l’altro sesso, mentre vedevo cresceva una forte complicità con le donne, che si rafforzò quando iniziai a frequentare associazioni e circoli culturali.
I dibattiti e i laboratori erano momenti di confronto sulle questioni sociali, tra cui l‘ instabilità dell’esistenza umana. Oltre al lavoro, la precarietà aveva iniziato a corrodere lentamente la sfera affettiva.
Bisognava rispondere promuovendo le forme di amore basate sulla fluidità dell’emozione e sull’autodeterminazione, dando via libera a
quelle relazioni in grado di tenere il passo con i mutamenti della società, cosa che, secondo tale pensiero, la famiglia naturale non era più in grado di assolvere.
Era necessario svincolarsi dal rapporto maschio-femmina, reputato ormai conflittuale anziché complementare.
In un clima così effervescente, nel giro di poco tempo mi ritrovai a vivere la mia omosessualità.
Accadde tutto in modo semplice. Mi sentii appagata e credetti così di aver trovato una completezza interiore. Ero certa che solo con una donna al mio fianco avrei trovato quella piena realizzazione che era la giusta combinazione di sentimento, emozioni e ideali.
Poco alla volta, però, quel vortice di condivisione emotiva che si instaurava con le donne sotto le false spoglie di feeling, iniziò a consumarmi fino ad alimentare quel senso di vuoto nato dall’aborto di Sara.