La storia di Milly Gualteroni che racconta la sua depressione con gli occhi di chi ha incontrato l’amore di Dio
La depressione è un brutto male che ci attenaglia ed oscura la nostra vita. Tutto ciò che è luce diventa buio.
Non riusciamo più a capire cosa è giorno e cosa è notte, luce da oscurità, gioia e tristezza.
Si riassume in una sola parola: buio.
La fede è sempre riuscita a cambiare il colore della nostra giornata, la notte è divenuta giorno e l’oscurità luce.
In questi momenti se riusciamo ad aggrapparci al Signore per mezzo della preghiera o dialogare con lui, raccontargli di noi e delle nostre paure, lui verrà in nostro aiuto.
Dio non si rifiuta mai di soccorrere un figlio in difficoltà.
Testimonianza
“Strappata dall’abisso. Dagli psicofarmaci alla fede” è il titolo del libro autobiografico di Milly Gualteroni (Ares edizioni), e l’abisso è quel buco tremendo dove la depressione l’ha gettata per molti anni.
Infatti la giornalista racconta in questo libro la sua storia di giovane ragazza di famiglia lombarda, studiosa e intelligente che – dopo aver frequentato università facoltose ed essersi dedicata all’insegnamento – diventa giornalista di moda e lavora nelle riviste glamour e patinate della «Milano da bere».
Ma dietro a questo apparente successo di donna in carriera e realizzata, si nasconde la sofferenza della malattia che esplode con ancor più veemenza negli anniversari di due gravi lutti familiari per suicidio: quello del fratello maggiore e poi quello di suo padre, medico, colpito da un tumore.
Due traumi poco dopo aggravati da una violenza sessuale. La depressione la opprime e non le concede tregua, nessun farmaco è in grado di guarirla, nessun medico o specialista riesce ad aiutarla.
La tentazione del suicidio travolge anche lei che per tre volte tenta di uccidersi. Sono pagine drammatiche dove si avverte tutto il peso della disperazione ma c’è sempre qualcosa che misteriosamente la trattiene dal lasciarsi andare fino in fondo, che la tiene un passo indietro dall’abbracciare completamente il desiderio di morte.
Nel suo percorso esistenziale si avvicendano momenti di grande confusione, anni accelerati di feste e incontri, relazioni, sesso e tradimenti, e poi desiderio di stabilità, sicurezza, tutto poi di nuovo impastato dal dolore della depressione.
Ci vuole coraggio per raccontarsi così: il libro di Milly Gualteroni è una intensa e sincera testimonianza di una donna che guarisce tornando alla fede, riscoprendo la sua vera umanità, accettando la sofferenza e scoprendo nella depressione una chiamata.
Abbiamo deciso di contattarla per farcelo spiegare proprio da lei.
La chiamata non è la depressione, ma nella depressione si può percepire la chiamata: una pro-vocazione con cui Dio chiama.
Ed è quello che è successo a me. Ho compreso in tutti questi anni che la sofferenza è una componente della vita che ha un senso e una funzione. Il mondo contemporaneo non accetta la sofferenza, non accetta che anche il dolore come la vita sia sacro.
Ciò che io ho sperimentato è che il dolore ci inchioda al tempo, mentre l’accettazione del dolore se ci affidiamo a Dio ci trasporta nell’eternità.
La depressione è una “circostanza” dolorosa e devastante come ogni altra malattia, ma chi ha consapevolezza che “ogni capello del capo è contato” non può non prendere atto che è un occasione donata il cui significato molto spesso è imperscrutabile, e qui entriamo nel mistero della croce, il grande paradosso della croce.
In questo senso anche la depressione può diventare una maestra formidabile per approfondire l’annuncio di Gesù; perché nulla, penso, insegna l’umiltà e previene dall’orgoglio più della depressione.
Nulla educa a una povertà più radicale e intima, della depressione: che ti spoglia di tutto, che ti fa sentire l’estrema fragilità della condizione umana. Ma in questa drammatica povertà, ho percepito finalmente tutto il bisogno di cui è fatto il nostro cuore, che, come diceva sant’Agostino, anela solo a riposare in Lui.
La depressione può essere, dunque, una prova, una sfida drammatica per imparare chi siamo, per conoscere la nostra umanità fatta a immagine e somiglianza di Dio. In questo senso diventa una chiamata che non va sprecata.
È stato più duro accettare la sofferenza o viverla?
Il punto di svolta nel mio cammino è stato smettere di rifiutarla. Ma per accettarla ho dovuto comprendere il valore e sperimentare nella fatica quelle grandi virtù che sono l’umiltà, la pazienza e la speranza.
Finché ti senti padrone della tua vita, non accetti la sofferenza, la rifiuti come qualcosa di ingiusto e intollerabile. Ma quando comprendi di essere figlio e creatura amata, la prospettiva cambia
. E se riesci a mantenere nel cuore la meraviglia per i tanti prodigi quotidiani della vita, impari ad accogliere e affrontare anche il dolore: impari ad attraversarlo.
La fede è un farmaco potentissimo per battere la depressione.
https://www.ilsorrisodimaria.it