Dopo essere stato a Medjugorje il mondo non è più come prima

A MEDJUGORJE: UNA CHIAMATA ARRIVATA DA LONTANO.

 

A MEDJUGORJE: UNA CHIAMATA ARRIVATA DA LONTANO.

Sono stato a Medjugorje. Ero stato in tanti santuari mariani, da Lourdes a Loreto, ed anche in Terra Santa.
Eppure questa è tutta un’altra cosa. Il posto non è particolarmente chic, anzi, e raggiungere la Bosnia-Erzegovina, penetrando le sue frontiere, non è neanche la passeggiata domenicale che consiglierei a chi è in cerca di quiete.
Però lì la Madonna è ancora presente. E fidatevi che tutto il resto vale la pena. È impossibile ingabbiare nelle parole quell’impalpabile e totalizzante condizione che ti mette dentro questa esperienza.
Ed è pure difficile ritrovare, ritornati nel mondo, la quiete necessaria per mantenere viva quella fiamma che ti inizia ad ardere in quel luogo santo.
Quello che posso dire io è che a Medjugorje la Madonna è presente, ed è presente realmente.
Non chiedetemi perché lo so, lo so e basta. Non l’ho vista con gli occhi con cui vedo il mondo, e non l’ho sentita con l’udito con cui ascolto i rumori.
Eppure, dal basso della mia attitudine razionalista, devo confessare che c’è, e che quindi chi, come me, pensava che tutto fosse spiegabile con la testa ha torto marcio.
Quello che ti senti di fare, a Medjugorje, è pregare.
Preghi tutto il giorno, e non puoi fare a meno di farlo, con una gioia che ti conquista fin nel più intimo e sconosciuto profondo del tuo essere.
È la Madonna che ti abbraccia come una madre e che ti tiene fra le sue braccia.
È come se qualcuno tirasse via da te un velo che ti sei sempre portato addosso, e ti svelasse un universo dentro a te che neppure immaginavi esistesse.
La prima cosa che ti colpisce sono le testimonianze.
Le comunità che vivono lì offrono testimonianze di tossicodipendenti redenti, quelli di Suor Elvira, di bambini salvati in un orfanotrofio, quello di Suor Cornelia.
E ovunque vai incontri persone che pregano, il che è la più grande delle testimonianze. E poi c’è l’atmosfera.
Abbiamo occhi che neppure conosciamo, che ci mostrano una realtà di cui non immaginiamo neanche l’esistenza.
Appena entrato in chiesa ho iniziato a piangere. Ma a lacrimoni, da vergognarsi. Poi inizia la Messa.
E al segno della pace piango ancora, senza una ragione emotiva evidente. Tornato in albergo ho pianto ancora, con un dono enorme che mi è stato fatto.
Chissà, magari quelle lacrime mi hanno ripulito gli occhi, e sono tornato a vedere la realtà, quella vera, quella che sta al di là dei sensi e al di sopra della razionalità.
A MEDJUGORJE: UNA CHIAMATA ARRIVATA DA LONTANO.
Quella che ho visto con schiacciante chiarezza di notte, nella salita del monte delle apparizioni che ti porta là dove tutto è iniziato.
Lo capisco, è incomprensibile e per certi versi patetico. Così almeno dicevo io di quelli che portavano testimonianza di pellegrinaggi a Medjugorje.
L’unico modo per capire è andarci, e quindi tutte queste parole hanno il valore che hanno.
C’è un prima, e c’è un dopo Medjugorje. Il mio prima ero lo scetticismo. Tutto sommato da cattolico non avevo una grande simpatia nel pensare che la Madonna stesse parlando in un posto 

lontano a dei veggenti da più di vent’anni, e a me non dicesse nulla.

Il dopo invece è qualcosa di grande. Il mondo non è più come prima.

In modo un po’ superstizioso mi ero portato appresso alcune intenzioni, e alcune domande per delle scelte molto importanti che avrei dovuto fare.

La risposta più grande è stato il giusto posto e il giusto peso che poi ti trovi a dare alle cose.

Quando hai vissuto un’esperienza del genere tutto – danaro, piacere, carriera, compiacenza – perde di interesse, diventa meno importante, sta appunto al giusto posto.

Chi ha visto le montagne non si impressiona più per una misera collinetta. Rileggendo quello che ho scritto mi rendo conto che tutto ciò sa di irrazionale, folle, forse mistico.

Ma è precisamente questa la dimensione che ti si spalanca davanti ed in cui non puoi fare a meno di buttarti.

Quindi l’unica cosa che le mie misere parole possono dire è: andiamo a Medjugorje. E presto…

visto con schiacciante chiarezza di notte, nella salita del monte delle apparizioni che ti porta là dove tutto è iniziato.
Lo capisco, è incomprensibile e per certi versi patetico. Così almeno dicevo io di quelli che portavano testimonianza di pellegrinaggi a Medjugorje.
L’unico modo per capire è andarci, e quindi tutte queste parole hanno il valore che hanno.
C’è un prima, e c’è un dopo Medjugorje. Il mio prima ero lo scetticismo. Tutto sommato da cattolico non avevo una grande simpatia nel pensare che la Madonna stesse parlando in un posto lontano a dei veggenti da più di vent’anni, e a me non dicesse nulla.
Il dopo invece è qualcosa di grande. Il mondo non è più come prima. In modo un po’ superstizioso mi ero portato appresso alcune intenzioni, e alcune domande per delle scelte molto importanti che avrei dovuto fare.
E la risposta più grande è stato il giusto posto e il giusto peso che poi ti trovi a dare alle cose.
Quando hai vissuto un’esperienza del genere tutto – danaro, piacere, carriera, compiacenza – perde di interesse, diventa meno importante, sta appunto al giusto posto.
Chi ha visto le montagne non si impressiona più per una misera collinetta. Rileggendo quello che ho scritto mi rendo conto che tutto ciò sa di irrazionale, folle, forse mistico.
Ma è precisamente questa la dimensione che ti si spalanca davanti ed in cui non puoi fare a meno di buttarti.
Quindi l’unica cosa che le mie misere parole possono dire è: andiamo a Medjugorje. E presto…

Fonte :  web

 

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